Design e grafica sono diventati importanti per le società di consulenza – Capgemini e Accenture hanno acquisito gli studi di design Adaptive Lab e designaffairs – ma anche per i media.
Infatti abbondanza, tempo e complessità li spingono a mediare le informazioni per il lettore, mettendo nel mirino la sua attenzione e la leggibilità dei contenuti.
Le aziende, con i loro fiumi di dati, alimentano il florido mercato di grafiche, infografiche e report visivi, e i media – tra data journalism e fact checking – chiedono sempre più la presenza di un designer a fianco del giornalista. E in Italia, dove il tutto è confinato nell’adv online? Abbiamo raccolto molte idee sul tema da Paolo Guadagni, Ceo e fondatore di The Visual Agency.
Intervista estratta dal business report privato 11 note di Intelligence Economica di Company | Note.
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Quali sono i fattori per cui la richiesta di informazione in forma grafica sta crescendo così tanto?
Ci sono, a mio avviso, 3 fattori principali:
1) la crescente complessità delle informazioni che devono essere veicolate ai target di riferimento. I prodotti e servizi sono sempre più sofisticati. I dati raccolti aumentano in modo esponenziale, le aziende devono comunicare informazioni sempre più complesse sulla propria attività (ad esempio la recente introduzione dell’obbligatorietà della Documentazione Non Finanziaria nei bilanci).
2) La mancanza di tempo. E’ indubbio che le persone per motivi vari hanno sempre meno tempo in ufficio e nella loro vita privata per assimilare la complessità di cui sopra.
3) L’abbondanza di canali di informazione che aumenta la distrazione e richiede formati che attirino l’attenzione.
Prendiamo ad esempio le infografiche. Quali funzioni hanno: integrano l’informazione scritta, rispondono a una domanda di semplificazione, o catturano l’attenzione del lettore sui social per portarlo alla lettura di un articolo?
L’infografica è un termine molto generico e sinceramente abusato. Un’immagine con una scritta sopra è un’infografica? A mio avviso no.
Per costruire correttamente un’infografica occorre pensare a una struttura, a un ordine di lettura, alle informazioni da mettere in evidenza. Poi si passa alla parte grafica e iconografica.
Diciamo che, se costruita correttamente, l’infografica raggiunge lo scopo di chiarire un determinato argomento o notizia per renderla comprensibile a colpo d’occhio.
Può essere sostituivo di un articolo o in generale di un testo scritto. Recentemente per esempio abbiamo lavorato a un progetto di rendere in infografica le procedure di qualità di una grande azienda italiana, per farle capire meglio ai dipendenti.
I giornali cambiano versione estetica scegliendo forme più leggere e più distanza tra gli articoli. Il concetto sottostante è “less is more”, per dare al lettore meno cose e facilitare il lavoro dell’occhio?
I giornali cartacei hanno di fronte a loro una sfida praticamente impossibile. La foliazione aumenta in proporzione inversa al numero di lettori.
Nessuno è più in grado, anche per i motivi esposti sopra, di leggere tutto il contenuto in un giornale o anche solo le pagine di maggior interesse. L’utilizzo della grafica, per es. il recente restyling di Repubblica, aiuta molto a rendere più fruibile l’informazione.
Le grafiche sono ancora molto poco utilizzate per una serie di motivi che nulla hanno a che fare con la leggibilità o l’attenzione al lettore. Sono tuttora vissuti e recepiti come ancillari al testo scritto.
Per i siti di informazione che partono dal web accade meno, ma tutti i giornali cartacei (italiani) replicano nel proprio sito web l’organizzazione e la struttura grafica della versione di carta. Perché commettono questo errore, che porta sul web i problemi della carta, e limita le opportunità che proprio il web offre?
Purtroppo l’editoria italiana non prende esempio dall’editoria web anglosassone. Il New York Times, Los Angeles Time, Washington Post, National Geographics stanno sperimentando con successo nuove forme per raccontare le storie compenetrando la parte di visualizzazione dati (sempre interattiva e originale) con il testo scritto.
Nelle redazioni i giornalisti lavorano fianco a fianco con i designer e i programmatori per rendere veramente multimediale la fruizione.
In Italia ahimè l’attenzione è invece tutta riposta nell’adv online con l’illusione che questo meccanismo ripaghi. Niente tecnologia e bassissima attenzione alla qualità del contenuto. Direzione esattamente opposta a quella americana.
Che ruolo ha oggi il desing nel settore media? In quali parti della filiera dei media ha un ruolo crescente?
Sicuramente il design ha una parte significativa nella comunicazione web, dove soprattutto la parte di data visualization può esprimersi al meglio.
Tutto il tema del Data Journalism di cui si fa un gran parlare e del fact checking richiede la capacità di presentare numeri e concetti in modo chiaro, semplice, efficace e interattivo. Un mestiere che vede il giornalista “tradizionale” affiancato a un designer.
Ci sono alcuni formati e segni che nascono proprio per il settore media, oppure altri nati per settori diversi che poi vengono trasferiti anche in quello media? C’è un travaso in questo senso?
La visualizzazione dei dati ha origine antiche. I grafici più comuni (bar chart, grafici a torte, grafici a linee) nascono in Inghilterra nel XVII secolo per riuscire a rappresentare le grandezze economiche. Una necessità per un impero commerciale come quello inglese che aveva bisogno di trattare una grande quantità (per quei tempi) di informazioni numeriche.
Da allora la disciplina della visualizzazione dei dati ha aggiunto nuove tecniche e nuove forme sempre più complesse (tipicamente quelle che troviamo per es. in Microsoft Excel).
Alcuni settori hanno sviluppato forme grafiche proprie. Per esempio la finanza fa uso di grafici costruiti sulla base delle proprie esigenze come i candlestick che servono per visualizzare dati di borsa.
La business intelligence ha aggiunto forme proprie. Poi ancora l’analisi delle reti ha dato origine tutta un disciplina per la visualizzazione dei grafici a rete. Per non parlare della cartografia. Quindi è una disciplina in continuo movimento e aggiornamento e un riflesso di questo si vede anche ovviamente sui media.
A quali nuove competenze e profili professionali porta questa nuova domanda di visualizzazione?
Faccio un esempio della nostra realtà. All’interno della nostra azienda lavorano una decina di Information Designer. Sono persone con uno skill particolare e in grado, dato un set di dati o un concetto complesso, di trovare la forma di visualizzazione più appropriata.
Tra l’altro siamo fortunati perché a Milano, nella facoltà di Design del Politecnico di Milano, è stato costituito il Density Design, un centro di ricerca specializzato nella visualizzazione di dati. Le nostre persone provengono tutte da lì. Sono figure professionali molto richieste sul mercato. A questo si affiancano front-end developer che traducono in “codice” le visualizzazioni proposte dai designer, con un lavoro in team.
Quali sono le informazioni per cui è più richiesto un nuovo modello di visualizzazione (informazioni, articoli, dati, bilanci)?
Le aziende sono produttori di numeri. Li raccolgono, li utilizzano al loro interno e in parte li comunicano (alcuni più attrezzati li vendono pure).
Il marketing è sempre più una disciplina che raccoglie e gestisce numeri, così come la comunicazione, la produzione per non parlare della parte amministrativa e di controllo. L’esigenza di trovare modi nuovi di visualizzare questi dati è molto sentita.
Area in fortissima crescita per noi sono il supporto decisionale al top management, la visualizzazione dei dati di ricerche di mercato, la reportistica finanziari. In particolare nei bilanci c’è sempre più la necessità di spiegare concetti complessi come l’impatto ambientale, la responsabilità sociale, i modelli di business, il capitale umano ecc..
Che tipo di flussi hanno questi nuovi formati: nascono sul web e poi finiscono anche sulla carta?
In realtà nascono più sulla carta per poi trasferirsi nel web. La parte di progettazione e design parte sempre da un foglio e una matita. Su web poi si trova lo strumento, la libreria, o si scrive il pezzo di codice necessario per animare e rendere interattivo il formato.
Come cambia la filiera, e il processo di creazione, distribuzione ed archiviazione di questi nuovi formati?
La filiera dipende fortemente dal tipo di progetto, dall’esigenza dell’azienda o del media. In generale i media tendono (o dovrebbero tendere) ad avere tutta la filiera interna alla loro struttura.
I tempi su cui si muovono i media sono ridottissimi. Un giorno è già tanto. E per 365 giorni all’anno. Le aziende, pur con ritmi sempre serrati, possono usare delle strutture esterne che li aiutano nel trovare la soluzione ad hoc.
Poi una volta trovata e creata, soprattutto nel caso del web o della intranet aziendale, la gestione passa necessariamente all’azienda per l’aggiornamento e la distribuzione dei dati.
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