Per un paziente che diventa sempre più “cliente” la comunicazione è decisiva. Esprime giudizi sul servizio sanitario, vuole informarsi con tempi ridotti. Ha nuovi strumenti (il web) e si aspetta dal medico e dal settore un ascolto diverso.
Con un ruolo sempre più attivo, il paziente ha ancora bisogno di una guida autorevole, tra social network e siti web, per orientarsi in un settore in piena evoluzione, come racconta Franco Balestrieri – Direttore Marketing e Comunicazione di GVM Care &Research.
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Come si sono evoluti i sistemi sanitari?
L’evoluzione della Sanità in questi ultimi anni ha subito una forte accelerazione, sia per il progresso tecnologico a vari livelli, ma soprattutto per la variazione demografica del Paese. L’invecchiamento della popolazione e l’aumento delle malattie croniche rendono necessario un cambiamento verso un sistema sanitario ancora più efficiente con cure sempre più efficaci che consentirano così una riduzione dei costi; cure migliori, meno giorni di degenza, minori oneri.
Si può pensare di avere un’assistenza sanitaria basata sul valore che:
- riduca gli sprechi,
- semplifichi l’accesso alle cure,
- migliori le prestazioni sanitarie.
Coinvolgimento e crescente attenzione da parte della popolazione al proprio stato di salute possono creare importanti opportunità in termini di attività di prevenzione alla salute. La maggiore digitalizzazione delle popolazione e l’evoluzione della stessa nel tempo in tale ambito spingerà sempre di più la Sanità Italiana a rispondere in termini di servizio al “cliente” con modalità più smart.
Capacità di accoglienza, informazione, gestione pre e post attività medica, rapidità di prenotazione, diminuzione della burocrazia per l’accesso sono alcuni dei temi che escludendo, l’area medica, sono driver di giudizio e soddisfazione da parte del paziente-cliente.
Come la comunicazione influenza il paziente?
Se facciamo un passo indietro nel “tempo digitale”, anche solo di circa 10 anni, nonostante la già forte presenza della rete nella vita delle persone, la medicina aveva al suo interno un ruolo più marginale anche per l’impossibilità legislativa di fare attività di comunicazione e marketing, i canali di comunicazione verso i pazienti erano ridotti.
Escludendo il passaparola, che rimane ancora oggi una delle forme di comunicazione più convincente – anche se mediata da ricerche sulla rete per capire se il suggerimento del conoscente/amico era attendibile – possiamo stilare un elenco dei “media” suddiviso in due periodi pre e post Dr Google. Come il paziente sceglieva prima e come sceglie ora medico specialista o struttura sanitaria, chi lo influenza maggiormente?
Cosa c’era prima
- Passaparola;
- Medico di Base,
- Televisione (trasmissioni a carattere medico),
- Stampa generalista e tematica (articoli).
Cosa c’è ora
- Passaparola,
- Medico di Base,
- Televisione (trasmissioni di salute e benessere, pubblicità),
- Stampa generalista e tematica (articoli, publiredazionali, pubblicità),
- siti web delle strutture sanitarie,
- social media,
- siti di web review (recensioni),
- siti generalisti e di salute,
- motori di ricerca e pubblicità online.
Maggiore è la possibilità di informazione, maggiore è la possibilità di scegliere bene? Non è come sembra.
Come sono cambiati i pazienti e perché?
L’evoluzione dei pazienti è passata anche per l’evoluzione dei media e della sanità stessa, che ha compreso più tardi in molti casi, la trasformazione che era ed è in atto. Un cliente più informato, più esigente, più attento e interessato ai particolari grazie anche alla crescita in termini numerici di offerta di salute.
Alcuni numeri utili a dare una dimensione:
- oltre 25 milioni le persone che in Italia cercano annualmente informazioni di salute online,
- 85% fa specifiche ricerche in rete sulle patologie,
- 60% si informano sulle possibilità/metodiche di cura,
- il 58% cerca medici e strutture sanitarie, e il 22% prenota online (portali, email, etc).
In Italia si effettuano mensilmente circa 200 milioni di ricerche relative a patologie per conoscerne il significato e il “who is – how is it – where is” dei possibili trattamenti. Una ricerca GVM condotta nel 2018 sul territorio italiano evidenzia che il medico di base rimane saldamente al primo posto come fonte primaria di informazioni quando si ha un sintomo, seguito dal medico specialista, da Google e dal farmacista. Se però sommiamo anche coloro che non citano Google ma la rete in genere, il web è la seconda fonte di informazioni insieme al medico specialista.
Tra Ospedali pubblici e privati, Cliniche, Poliambulatori di varie dimensioni, in Italia ci sono oltre 1000 realtà. Se analizziamo anche in modo semplificato il comportamento di chi si sottopone a un’attività medica, è possibile evidenziare due comportamenti distinti: quello da cliente che esclude tutta la parte medica e quello da paziente la vera e propria visita.
Quando si è alla ricerca di una struttura sanitaria e/o medico più idonea, si valutano tramite più canali gli aspetti dell’acquisto del servizio, creandosi così anche un’aspettativa. Una volta effettuata la scelta, ed entrando in una struttura si esaminano vari aspetti:
- gentilezza,
- disponibilità,
- chiarezza di informazioni all’atto della prenotazione telefonica o di persona,
- alla pulizia dell’ambiente,
- il rumore,
- il comfort e la puntualità negli appuntamenti.
Vengono giudicati anche aspetti come la disponibilità del medico, la durata della visita, la chiarezza di informazioni e in particolare la disponibilità ad ascoltare il paziente. Non mancano però giudizi sull’immagine del professionista, ad esempio se l’ambiente dove visita è ordinato o se il modo di vestirsi è confacente alla posizione dello stesso. Apparentemente sono concetti un po’ astratti o “micro aspetti”, ma ognuno di loro contribuisce a costruire la customer experience generale del paziente, dove le capacità mediche, possono essere offuscate da questi aspetti emotivi.
Una volta conclusa la visita il paziente, si costruisce il proprio giudizio complessivo dove riunisce vari aspetti. “È un buon medico, però non ho capito bene cosa ho, per me non è stato chiaro parla un linguaggio difficile, e forse non ha ascoltato tutti i miei sintomi, nel caso faccio un’altra visita prima di decidere”. Potrebbe essere una frase tipo del cliente che valuta la sua customer experience.
Nello specifico, in generale come i media influenzano il paziente? E come i social in particolare?
Stampa quotidiana e periodica, Televisione, Web, Radio sono i media che oggi trattano sanità a vari livelli e dove il paziente costruisce le proprie opinioni.
Stampa e periodici in particolare offline, hanno tuttora una buona credibilità verso chi cerca notizie di salute, in particolare i quotidiani che hanno edizioni dedicate alla salute, con approfondimenti molto spesso di grande spessore tecnico. Sotto questo profilo perciò sono autorevoli nei confronti del lettore, se pur la loro diffusione sia calata, trasportando molti di loro nella versione online, che non colma ancora il gap con il target più anziano.
La televisione si è evoluta in termini di fruibilità dell’informazione di salute, i programmi dedicati tendono ad ospitare professionisti della medicina e ad affrontare i temi con una modalità più semplice, con qualche eccezione. Il target in questo caso è prevalentemente più anziano, sia per il tipo di palinsensto, sia per l’ abitudine e facile fruibilità del media. Ci si può soffermare anche ad analizzare se pure in modo superficiale in questo contesto, la parte televisiva delle serie tv mediche e dei reality, in particolare quelle americane, che negli anni – circa 15 anni – hanno costruito nell’immaginario delle persone che non sono ancora stati oggetto di attività medica di qualsiasi genere, aspettative molto alte.
Il web “della salute” con siti specializzati, generalisti o blog, gruppi o pagine social network e i motori di ricerca hanno aperto un panorama infinito di informazione. La capacità di utilizzo e discernimento dell’informazione diventano elementi importanti per la corretta ricerca di informazioni sulla rete. Nei motori di ricerca le chiavi di ricerca immesse producono risultati di vario genere su una moltitudine di pagine tra cui scegliere.
Sappiamo che le prime pagine dei risultati sono quelle più lette e scegliere siti autorevoli, con fonti attendibili è l’opzione migliore ma poi tra recensioni, articoli, blog, etc è facile perdere l’orientamento e trovarsi a leggere contenuti che possono essere privi di fondamento scientifico, inducendo a sottovalutare o sopravvalutare un sintomo. In taluni casi poi è naturale che nella quantità di risultati, nomi di ospedali e medici più noti attirino maggiormente l’attenzione, come il giudizio online di molte persone verso un determinato medico o ospedale. Ecco che assume una certa importanza il posizionamento del sito, la UX, la fruibilità delle informazioni e il customer care per trasformare un eventuale contatto, il nostro prospect in un cliente.
I social sono una fantastica opportunità, sono un media eccellente per la divulgazione di informazioni sulla salute, grazie alla loro larga diffusione, istantaneità e utilizzo da target eterogenei. Un punto di forza è la possibilità di iper segmentazione, così da raggiungere in modo più preciso e con minore dispersione del messaggio i destinatari del messaggio.
I social necessitano in ambito sanitario un’attenta gestione del back office per fornire risposte adatte ed esaurienti in tempi brevi, negando però qualsiasi richiesta di consulenza medica on line da parte dell’utente. La possibilità di scrivere e raggiungere, secondo la logica dei social, qualcuno che possa darti subito la risposta o il commento, come siamo abituati mentre dialoghiamo con gli amici, spinge le persone a chiedere e pretendere risposte sanitarie tra le più disparate. Pagine ben gestite, ricche di informazioni fruibili e autorevoli, aggiornate costantemente possono diventare un punto di riferimento più rapido verso la struttura sanitaria, dando così una netta sensazione di non essere confusi con pagine non attendibili o che contengano le note fake news.
Purtroppo la diffusione delle fake news anche nel mondo sanitario è ragguardevole, dovuta anche ad una modalità di condivisione “quasi automatica” degli utenti che leggono solo un titolo ritenuto “importante” e lo divulgano senza controllare da dove proviene e se la notizia trova un fondamento scientifico reale nel panorama medico.
Quali sono i motivi per cui il paziente si rivolge ai social? Cosa cercano?
Sono a tutti gli effetti uno strumento di moderna comunicazione anche per il mondo sanitario, non averli sarebbe un errore, averli senza gestirli un errore più grave. Non voglio essere assolutista, ma è evidente che siamo pervasi da queste piattaforme a vari livelli e ognuna ha il suo target, mercato e modalità di utilizzo. Come ho dichiarato in precedenza, i social danno l’idea di avere qualcuno a disposizione h24 pronto a rispondere ai nostri dubbi o richieste, perché nella realtà dei fatti per come sono utilizzati i social “non dormono mai”, non hanno un orario di chiusura, non si percepisce uno spazio fisico aperto o chiuso.
I social aziendali per la loro istantaneità, azzerano il tempo dando la sensazione di accorciare la filiera della comunicazione, e poter parlare direttamente con l’azienda, una sorta di disintermediazione. Ho un problema fisico scrivo alla pagina dell’ospedale e un medico mi risponde sicuramente, tanto l’ospedale non chiude mai.
E’ ovvio che tutto ciò è più nella nostra immaginazione che nella realtà dei fatti. Ma l’utilizzo è il più disparato si passa dalle recensioni positive e negative, alla richiesta di informazioni su costi delle prestazioni o prenotazioni, ma anche alla ricerca del numero di telefono di un medico o al sapere se c’è una specialità medica rispetto all’altra. Nonostante l’azienda, come nel caso di GVM, abbia un sito internet dove tutto questo è largamente visibile (tranne telefoni dei medici o dati personali ovviamente) e dal quale si può scrivere richiedendo informazioni o prenotare, molti preferiscono o forse meglio dire conoscono meglio i social network, utilizzati con maggiore ferquenza.
Le persone tendono a non leggere o leggere parti di un post, la velocità abituale di utilizzo per la vita personale non è confacente a determinati ambiti professionali come il mondo della sanità. Ecco perché a volte le persone richiedono qualcosa che è contrario a ciò che è scritto anche in modo evidente ed esplicativo in un post, oppure chiedono la stessa prestazione in un luogo diverso da quello in cui è chiaramente offerto, o come nel caso di GVM che è presente in nove regioni italiane, chiedono perché una determinata attività non la facciamo anche nella zona da cui scrive l’utente. Fino ad arrivare all’invio di richiesta di pareri medici con tanto di referti inviati spontaneamente, che naturalmente vengono cancellati e a cui si risponde che questo servizio non può sostituire la visita presso un medico, che è l’unica metodica consentita per eseguire diagnosi e prescrivere un trattamento.
Come si inseriscono le App in questo contesto?
Le App oggi sono uno strumento comune per tutti gli utilizzatori di smartphone, e conosciute da chi ne ha meno dimestichezza. Nel mondo della salute il numero delle App è cresciuto tra quelle puramente di servizio come prenotazioni, gestione code, gestione referti, informazioni oppure quelle più informative o ludiche sempre nell’ottica dell’informazione ma destinate a un pubblico più giovane.
Non è un mercato che parla molto italiano, non per la lingua utilizzata ma perché forse c’è meno attenzione o interesse da parte di chi sviluppa, oppure il mercato nazionale non è del tutto pronto. L’Italia paga la lenta evoluzione del sistema in tale direzione, con alcune eccezioni molto positive sia in campo privato ma anche di sanità pubblica.
In questo settore è utile creare app che siano intuitive, integrate con contenuti o servizi rilevanti aggiuntivi, si possano personalizzare, consentano di raccogliere dati da inserire in un CRM, abbiano un minimo di gamification, e ovviamente diano un reale beneficio di servizio, solo così si potrà far mantenere la app a lungo nello smartphone del cliente.
Un panorama del mercato lo si può avere consultando il sito www.myhealthapps.net dove si può trovare una grande varietà di esempi, ovviamente più o meno interessanti. Il passaggio però fondamentale è puntare sempre di più all’integrazione delle App nei sistemi delle strutture sanitarie in termini di servizio al cliente, ma in particolare a tutto ciò che va nella direzione della telemedicina. Controlli cardiologici a distanza ad esempio, gestione del percorso di cura e somministrazione dei farmaci, supporto ai care-giver con App familiari, etc. La tecnologia della telemedicina e il miglioramento della velocità della rete consentirebbero maggiori possibilità di quanto oggi non sia fruibile dai pazienti sul mercato.
Rispetto a prima, come cambia la reputazione “sanitaria” tra web e social?
Come in tutti i mercati le review contribuiscono in modo significativo alla percezione del servizio/prodotto nelle fasi della scelta. La rete e i vari siti dedicati, i social, le pagine delle stesse aziende sanitarie permettono di lasciare un proprio giudizio. Se prima la reputazione di un medico o ospedale poteva essere modificata in positivo o negativo da articoli o trasmissioni televisive o passaparola, il web mette a disposizione spazi, a volte non del tutto gestiti, dove il controllo del testo di una recensione viene rimandato ad un moderatore (quando presente) che non direttamente coinvolto, non è a conoscenza se quanto descritto dal paziente è reale, e limita la sua attività a censurare frasi offensive o volgarità.
I social diventano dopo degli amplificatori di recensioni grazie alla condivisione, e in base all’interesse scaturito, moltiplicarsi velocemente N volte creando nel caso di false recensioni un danno di immagine importante, un danno alla reputazione del professionista. Web e social devono essere presidiati, ma soprattutto si deve essere in grado di gestirli nel migliore dei modi, così che una situazione negativa possa essere trasformata in positiva o neutralizzata. Nella vita professionale di un medico o dell’attività di una struttura gli errori possono accadere, ma lasciare la voce degli utenti inascoltata (questo vale per tutti i mezzi di comunicazione comprese le email) crea un danno di reputazione maggiore di quanto non lo sia la recensione negativa stessa reale e ben gestita.
Quali sono i soggetti con cui il paziente normalmente dovrebbe comunicare?
Paziente vs Medico vs Paziente, in estrema sintesi questo è il rapporto di comunicazione più corretto. Ovvio che tutti non possono parlare con il medico per qualsiasi dubbio, problema, informazione etc. Perciò il web inteso in senso ampio è il canale di comunicazione o meglio di informazione che più facilmente rende raggiungibile l’informazione.
Si possono prendere le prime informazioni, ci si può togliere qualche curiosità sui sintomi o su un referto, consultando però sempre fonti e siti autorevoli, utilizzando nel modo corretto il motore di ricerca indicando le parole chiave consone a produrre il risultato più attendibile, ma si deve essere in grado di leggere e scegliere tra la moltitudine dei risultati. Se non si è in grado di fare questo, per comunicare e parlare di sanità è preferibile, consigliabile e opportuno confrontarsi con un professionista che sia il medico di base o lo specialista, e se non si è convinti della spiegazione non utilizzare la rete per contraddire quanto detto dal medico, ma piuttosto andare da un secondo medico per un’altra opinione. Senza dimenticare che anche chi è in grado di “dominare” la rete e le ricerche deve sempre andare da un medico per sapere se sintomi, esami, diagnosi etc. sono reali e come nel caso vanno affrontati con un percorso di cura.
Cosa è cambiato o deve cambiare nel rapporto di comunicazione tra medico e paziente?
Diversamente da prima pur rimanendo sempre l’autorevolezza del medico, il paziente affronta con meno timore, in particolare le nuove generazioni, il dialogo diretto con il professionista. I mezzi di comunicazione a disposizione hanno eliminato alcune barriere e reso più “amichevole” il rapporto. Molti medici utilizzano quotidianamente sms, mail, whatsapp per dialogare con i pazienti, rendendo più veloce la comunicazione al di fuori dell’ambulatorio.
Il momento della visita però deve essere “meno veloce e poco disturbato” per permettere al paziente di raccontare la propria storia clinica senza particolari interruzioni. La situazione nella realtà non è sempre così, da una ricerca pubblicata da Langewitz Wolf nel 2002 con “Spontaneous talking time at start of consultation in outpatient clinic” e ripresa nel 2011 si evince che in media il tempo che il medico dedica al paziente nelle prime fasi della visita è molto basso:
- 90 secondi il tempo necessario al paziente per esporre il 75% dei propri sintomi,
- 2 minuti il tempo medio che un paziente impiega per esporre i propri sintomi,
- 22 secondi il tempo a disposizione del paziente prima che questo lo interrompa.
Eppure la legge 219/2017 art.8 cita: Il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura. Sotto un certo punto di vista, il dialogo per il paziente è a tutti gli effetti una parte del percorso di cura, perciò sarebbe auspicabile che il medico si ponesse in una condizione migliore di ascolto.
Questa fase condiziona anche l’immagine che il medico trasmette verso il paziente e nel caso di bassa soddisfazione della visita è un aspetto che poi viene evidenziato nelle eventuali opinioni divulgate dal paziente. Sull’altro versante però esistono molti pazienti che si presentano alla visita con il medico forniti di numerosi fogli stampati, frutto delle ricerche fatte con Dr Google, convinti che questo sia il modo migliore per sapere se il medico è attendibile o meno, naturalmente questo crea un conflitto “professionale” che può portare ad un rapporto insoddisfacente per entrambe. Che l’informazione sia importante da parte del paziente per avere una idea di massima di ciò che vedrà con il medico nessuno lo mette in dubbio, ma proporre un termini e di confronto su basi mediche tra paziente e professionista tramite ricerche sulla rete, credo che sia del tutto fuori luogo. Sono modalità che se non gestite, e alimentate da fonti scientifiche non autorevoli, rischiano di portare il paziente fuori strada seguendo quelle che poi possiamo definire “errate credenze digitali”. Come GVM sosteniamo da sempre che: Una costante e corretta informazione è la base di ogni cura.
Come è cambiato negli ultimi anni il modo di “rappresentare il medico”?
Se pensiamo che nell’antica Cina il medico era pagato perché l’assistito stesse bene, mentre se si ammalava, il compenso veniva sospeso, possiamo dire che il cambio è stato drastico. Tralasciando questo paradosso storico l’immagine e percepito del medico più vicino ai giorni nostri è cambiato da un personaggio austero, un po’ inavvicinabile, non troppo disponibile e molto autorevole a uno più amichevole, moderno, più vicino al paziente, autorevole ma che è possibile mettere in discussione. Ci sono alcuni tratti caratteriali e professionali percepiti, in particolare per le persone che non hanno mai avuto reali esperienze mediche, vengono distorti dal mondo della televisione e della comunicazione in genere.
Le serie Tv oltre oceano, i medical reality o alcuni film, hanno trasposto nella mente delle persone immagini che a volte vengono percepite come realtà effettive di confronto, ma sono del tutto irreali. Capacità di cura incredibile, tempi di gestione del paziente immediati, aspetti estetici fisici sopra la media, organizzazioni super efficienti, etc hanno creato in molte persone l’idea di sanità che nella realtà, così come rappresentata non esiste.
Tutto questo in particolare per i medical reality, dove i tempi di gestione del paziente, i tempi del percorso di cura, della sua guarigione etc sono condensati per esigenze sceniche, ma non percepiti esattamente perciò che sono nella realtà da parte del telespettatore, anche in termini di eventuali sacrifici per affrontare determinate cure mediche, così da portare chi guarda il programma a una semplificazione medicina e relativa semplicità di approccio. Per alcuni c’è il rischio di rimanere delusi la prima volta!
Sono nati sistemi di valutazione delle performance sanitarie come Trip Advisor”? Funzionano? Sono attendibili? Che futuro hanno?
Il sistema di valutazione ci deve essere, partiamo da questo presupposto. Un sistema reale, comprensibile, attendibile, certificato ma soprattutto semplice e fruibile da parte dei pazienti. La sanità porta già al suo interno sistemi di valutazione e certificazioni a livello nazionali e internazionali che sono gli indicatori utili a misurare le performance delle strutture sanitarie e dei medici stessi in molti ambiti, in particolare quelli che riguardano le operazioni chirurgiche di vario genere.
Sono però dati non del tutto comprensibili ai non addetti ai lavori, ad esempio quelli di Agenas. Ecco perché rendere comprensibili, meglio fruibili e soprattutto completi in tutte le sue forme dati ufficiali potrebbe essere un modo, e ribadisco potrebbe, per ovviare al mare magnum di recensioni non attendibili di cui la rete ormai è piena.
Ma perché le persone descrivono le proprie esperienze e le condividono, sono poi veramente credibili? La condivisione è teoricamente credibile per la sua «indipendenza». E per chi le scrive se le esperienze sono positive, confermano anche indirettamente la propria capacità nello scegliere bene (bassa propensione). Se le esperienze sono negative, servono ad avvisare gli altri del rischio potenziale e a rafforzare che l’errore di scelta è stato indotto da una cattiva comunicazione del venditore, che non ha mantenuto quanto promesso (alta propensione).
Ma le recensioni fatte dai clienti/pazienti sono veramente attendibili, quanto c’è di percepito personale e quanto di concreto? Il tempo trascorso tra l’esperienza medica e la recensione è immediato oppure è diluito nel tempo? Il profilo di chi ha fatto la recensione è reale o fittizio, e come in questo caso raggiungere il cliente per capire la realtà del problema? Questi sono alcuni dei dubbi che ci si può porre sull’attendibilità delle recensioni pubblicate su siti tipo QSalute, piuttosto che sulle pagine Facebook o altri social. Non ultimo anche Google che sta spingendo in questa direzione per fare in modo che sulle pagine aziendali create tramite Google Place si possano oltre a trovare informazioni, anche lasciare recensioni.
Un futuro perciò è naturale che ci sia, ma dovrebbe essere portato ad un livello di sicurezza e attendibilità maggiore, in quanto la recensione unita alle altre diventa un potenziale consiglio da seguire in grado di condizionare la scelta anche in sanità.
La stampa ha o avrà ancora un ruolo? Quale?
Dopo tutto questo mondo digitale ricevere una domanda che “parla di carta” è in qualche modo rassicurante, anche perché questi media intesi come “stampa su carta” non hanno quella caratteristica di non modificabilità dopo la pubblicazione, che invece ha il digitale. Non credo di avere tutti gli strumenti o conoscenze per fare una dichiarazione di tale importanza, ma è possibile fare qualche riflessione generale.
I media digitali hanno evidentemente messo in crisi il “sistema stampa”, ne hanno ridotto le quote, ma hanno aumentato la velocità di diffusione dei testi o notizie che siano. Il quotidiano o il periodico ora li teniamo in un palmo di mano, ci arrivano direttamente in…tasca. Questa comodità ha evidentemente fatto presa, ma l’accelerazione che è stata impressa è andata anche a discapito in certi casi dell’approfondimento dei contenuti. Si tende ad arrivare prima, non a dare la migliore notizia, questo ovviamente non vale per tutti, ma la percentuale che vuole arrivare prima è alta rispetto all’altra.
Negli Stati Uniti a luglio è stata pubblicata una notizia interessante su questo argomento: “Il futuro è nella stampa, e il Tycon americano acquista più di cento giornali. A passi sempre più rapidi si è messo a rastrellare decine di testate locali che stavano per chiudere. Adams ne è convinto: “il community journalism”, se onesto e di qualità, non è in crisi ma ha davanti un ricco futuro. Oggi la Apg possiede più di 127 testate quotidiane, settimanali e mensili che producono utili anche attraverso un’attenta politica abbonamenti ed eventi collaterali. In poco più di 44 mesi, hanno realizzato una rete editoriale capillare che opera in 22 Stati Usa. Un legame di servizio sempre più stretto con la comunità. La notizia è un servizio da leggere e pagare.”
In certi casi gli USA hanno anticipato delle tendenze, in questo caso forse è più complesso, ma c’è un risvolto interessante in queste righe, Adams dice che il futuro è nel Community Journalism, e in effetti se ci pensiamo a parte un paio di testa quotidiane nazionali con un unico brand, dove una ha una concentrazione maggiore al nord e l’altra un po’più distribuita, le altre sono più regionali, cittadine e in alcuni casi più specifiche di area. L’Italia e l’italiano sono attente all’andamento nazionale e internazionale, ma ciò che gli accade intorno ha molto spesso la priorità e suscita maggiore interesse. Non a caso esistono da tempo testate cittadine/locali che hanno penetrazioni dell’80-90% e mantengono salde le loro posizioni, pur avendo diminuito il numero di copie distribuite.
La stampa, in particolare quella offline, mantiene ancora nell’immaginario di molti quella sorta autorevolezza che – se non la fedelissima riproduzione digitale – le altre testate solo online ancora non hanno. Hanno però preso piede – anche se non difficoltà inziali – alcune testate solo digitali che trattano quasi esclusivamente, e in particolare in prima pagina, cronaca cittadina riscuotendo grande successo di lettori per le edizioni delle singole città. Nell’ultimo anno da una ricerca internazionale che confronta diversi paesi, si evince però che in Italia solo il 12% della popolazione nell’ultimo anno ha pagato per leggere notizie in rete.