Le banche sono sotto pressione. Tentano di collaborare con le start up per schivarne la competizione, ma subiscono comunque quella delle grandi piattaforme digitali, che attraverso i servizi di pagamento entrano nel sistema senza bussare alla porta.
La via per conservare e generare margini, in contrazione lungo tutta la filiera, è cercare nuovi modelli di business, servendosi degli strumenti che porta l’innovazione, come i big data l’intelligenza artificiale.
Un percorso che ha una stella polare: la relazione col cliente. Oggi l’elemento ancora più importante del prodotto, per costruire nuovi modelli, integrando online e offline, e trovando una pax tra smartphone e filiali.
Per orientarci nel nuovo mondo delle banche, abbiamo chiesto tutte le coordinate a uno dei massimi esperti del settore, Paolo Sironi – IBM Industry Academy and Author e IBM Watson Financial Services.
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Intervista estratta dal business report privato 11 note di Intelligence Economica di Company | Note.
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Vincitori e vinti – Chi sono i vincitori e i vinti dello sviluppo digitale che sta avendo il settore finanziario?
Non possiamo ancora dare una risposta definitiva a questa domanda, anche perché dipende dall’area geografica e dal settore finanziario di riferimento. Diciamo che in Cina i vincitori sono sicuramente i grandi player della tecnologia internet-based, ovvero Tencent e Alibaba, che con WeChat e Alipay hanno conquistato e dominano il mercato retail e fanno passi da gigante nel mondo dei servizi finanziari promuovendo accesso a fondi di investimento e sistemi di credit scoring totalmente digitali.
In Europa e negli Stati Uniti stiamo passando da una fase dominata dalla competizione tra banche e startup a una fase di collaborazione. Ciò avviene perché la necessità di cambiamento è più profonda della spinta tecnologica, ed è radicata nelle insufficienze del sistema finanziario a costruire un modello di servizio sostenibile e stabile come evidenziato dalla Crisi Finanziaria Globale.
La tecnologia non è un elemento autosufficiente per cambiare la relazione tra istituzioni finanziarie o nuovi operatori Fintech da un lato e clienti finali dall’altro, ma serve un cambiamento radicale nei modelli di business e nei comportamenti dei clienti ancora legati a consolidate abitudini e aspettative.
Mentre in Cina il modello si è da subito sviluppato su piattaforme gigantesche che hanno permesso il bundling originale di alcuni servizi finanziari all’interno di un ecosistema di comunicazione e pagamenti tra gli individui, nel mondo occidentale si è partiti da un tentativo di unbundling (frammentazione) che è stato straordinariamente ricco di idee, ma che deve trovare la via della riaggregazione su una diversa piattaforma per poter trasformare il sistema in ottica puramente digitale come si evince dall’esperienza cinese.
Chiaramente, l’Intelligenza Artificiale è ciò che ha permesso alla Cina di mettere in scala le soluzioni digitali sulle piattaforme citate. In Europa e America si assisterà allo stesso fenomeno, ma solo quando la AI diventerà veramente conversational si potrà fare il passo finale perché stiamo parlando di Paesi più maturi e regolamentati negli aspetti di data protection (GDPR), con maggiori aspettative da parte dei consumatori e una diversa propensione alla rischiosità nella gestione dei pagamenti e del denaro.
Frontend & backend – C’è un Fintech che il cliente della banca vede, rappresentato per esempio dall’interfaccia, e ce n’è uno che non vede, come l’algoritmo. Che sviluppo avranno le due parti?
In qualunque attività imprenditoriale chi possiede il cliente finale domina la catena distributiva. Il digitale diventa sempre di più l’elemento di primo contatto e interazione tra le parti, e non vi è dubbio che le aziende Fintech abbiano sviluppato interfacce e meccanismi di on-boarding estremamente efficaci rispetto alle configurazioni tradizionali delle banche e delle assicurazioni.
Uno sviluppo possibile potrebbe essere quello di relegare banche e assicurazioni a operatori di back office, preposti alla gestione della compliance di base e alla gestione del rischio, senza una vera possibilità di fare prezzo e quindi valore nella catena di consumo dei servizi finanziari.
Ciò è più probabile nella competizione tra imprese finanziarie tradizionali e TechFin (ovvero le aziende GAFA quali Google, Facebook, Amazon e Apple) che relativamente all’operato delle challenger banks. In questo ambito, Amazon sembra avere una strategia già più definita nel posizionarsi come interfaccia per l’accesso al credito in partnership con istituiti finanziari americani.
Non credo tuttavia che alle banche e alle assicurazioni convenga una strategia che vede il digitale come un canale distribuivo, quindi potenzialmente gestito dai GAFA in outsourcing, perché porterebbe a un forte de-branding e quindi intaccherebbe la continuità della relazione con il cliente.
Per competere e vincere la tendenza alla commoditizzazione del sistema finanziario (ovvero la spinta verso la trasformazione in utility) banche e assicurazioni devono capire come cambiare il modello di business in ottica digitale e favorire il passaggio da transazioni a servizi.
Con il digitale tutto cambia, quindi ci vuole capacità innovativa per riaggregare tutta l’azienda su una piattaforma client-centric e non più product-centric, che permetta di trasferire valore aggiunto ai clienti, in termini di una trasparente capacità di prendere decisioni.
In questo modo, gli operatori GAFA e i Fintech vincenti potranno certamente posizionarsi sul lato della utility (disruptive innovation), ma le banche, le assicurazioni innovative e i Fintech più lungimiranti manterranno uno spazio competitivo sul lato delle soluzioni a valore aggiunto (sustaining innovation). Se vogliamo, questo messaggio è il cuore sia della mia letteratura centrata su “FinTech Innovation” (Wiley, 2016) che della mia azione globale di Thought Leadership per la Industry Academy della IBM.
Smartphone – Che ruolo ha lo smartphone nello sviluppo del fintech?
Tutto passa dal mobile perché lo smartphone è diventato il primo e vero touch point della relazione digitale. In modo particolare, ci sarà una forte accelerazione nel mondo occidentale non appena il telefonino prenderà piede come elemento di gestione dei pagamenti, soppiantando la carta di credito e il contante, come già successo in Cina, quindi forzando e amplificando nuove modalità di interazione con le decisioni finanziarie e con i brand.
La sfida Fintech si vince a partire dai pagamenti digitali tramite smartphone, ma si realizza in un più articolato meccanismo O2O ovvero Online to Offline, che permette di convogliare le famiglie e le piccole e medie imprese verso soluzioni a maggiore valore aggiunto, basate su relazioni professionali aumentate.
Non competitor – Amazon e Alibaba fanno concorrenza alla banca e sono piattaforme e-commerce, così come Mpesa che invece viene dalla telefonia. Come mai le innovazioni del settore finanziario arrivano da settori esterni?
Oggi la banca fa fatica non tanto perché non sia capace di innovare o comprendere la tecnologia, anzi esistono esempi di particolare eccellenza nel mondo bancario. La radice dell’attuale impasse è nel fatto che la vera innovazione non riguarda i prodotti finanziari (in cui la banca ha innovato da decenni e che, per natura, non richiedono un processo elaborato come i prodotti industriali) ma riguarda la trasformazione dei modelli di business su un mercato digitale che è molto meno asimmetrico.
Ciò che frena la banca non è quindi e soltanto la dipendenza dai legacy systems, ma soprattutto la dipendenza dalla legacy leadership perché le organizzazioni hanno bisogno di essere aiutate a comprendere come costruire modelli di business in cui l’azienda mantenga un controllo dei margini (come è giusto che sia) pur trasferendo maggiore valore ai clienti. Gli operatori del Fintech non hanno chiaramente nessuna dipendenza in relazione al modello di business e di ingaggio del cliente, quindi godono di maggiore agilità nel proporre soluzioni digitali.
Credito, debito, equity. A proposito di settore, in quali di questi tre comparti della finanza il Fintech si sta muovendo, e come?
Il Fintech si muove a tutto campo. Il settore primario e di maggior successo è quello dei pagamenti digitali, che ha aperto alla digitalizzazione di tutta la filiera. Oggi il settore di maggiore interesse è quello della finanza personale, perché esiste un effettivo e immediato bisogno di cambiamento per affrontare sia la competizione di prezzo (per esempio la vanguardization negli USA) che l’obbligo regolamentare (per esempio PSD2, MIFID).
Il credito avrà quindi uno spazio maggiore quando entrerà in ottica di consulenza più articolata per la piccola e media impresa, così come lo dimostrano diverse esperienze non solo negli Stati Uniti ma anche in Italia.
Banca – Secondo lei quanto e come le evoluzioni del Fintech contribuiranno anche a cambiare il mondo fisico del credito (sportelli, filiale, bancomat, carta di credito, carta…)?
Per comprendere la trasformazione in atto bisogna passare dalla trasformazione dei pagamenti e l’utilizzo dei big data per costruire diversi modelli di servizio. Tuttavia, non credo che la disintermediazione totale della banca come fornitrice di relazioni interpersonali a supporto delle decisioni possa avvenire, almeno senza distruggere valore, sia per la banca che per il cliente.
La ragione risiede nel fatto che la tecnologia digital è di tipo PULL (ovvero adatta per decisioni frequenti di poca rilevanza – quali i pagamenti – o dedicate a individui con elevata educazione finanziaria e quindi fortemente self-directed), mentre i servizi a maggiore valore aggiunto, quali i prodotti di investimento e assicurativi, sono consumati da famiglie e imprese in un contesto di tipo PUSH (ovvero l’intermediario finanziario “spinge” i prodotti attraverso una conversazione).
Ora, solo l’Intelligenza Artificiale conversational (una Alexa super intelligente, per intenderci) potrà trasformare il digitale da PULL a PUSH. E la sfida sarà aumentare le capacità professionali degli operatori del credito, degli investimenti e delle assicurazioni affinché possano servire meglio la clientela e in modo più veloce ed efficace. La pax tra smartphone e filiale si troverà tramite l’utilizzo della AI come Intelligenza Aumentata, in un meccanismo funzionale di Online to Offline.
Banca/2 – Quali sono gli attuali punti deboli del settore bancario, quelli che il Fintech può aggredire con più facilità?
I pagamenti sono l’anello debole dalla catena del valore del sistema bancario. Sarà molto difficile per la banca competere in quest’ambito che è molto delicato e strategico, perché i pagamenti sono da sempre la porta d’ingresso della relazione bancaria.
Infatti la nuova direttiva PSD2 deve essere vista non solo come un onere, ma come un’occasione per creare soluzioni nuove, e portare le banche a guardare oltre al sistema dei pagamenti, che saranno sempre più istantanei, sempre più a basso margine e sempre più estranei alla banca tradizionale.
Advisory – In Italia ci sono oltre 36.000 consulenti finanziari che parlano con risparmiatori privati e famiglie. Come e in quali aspetti pratici il Fintech cambierà il rapporto tra cliente e consulente?
Il mondo della consulenza finanziaria sta affrontando una battaglia campale, generata non tanto dal digitale ma dalla regolamentazione. Quest’anno il sistema bancario si trova ad affrontare quattro regolamentazioni molto sfidanti: la MiFID2, la PRIIPS, la PSD2 e la GDPR.
Quindi, con la richiesta di maggiore trasparenza, associata a maggiori costi regolamentari e alla compressione dei margini di intermediazione, solo la tecnologia può migliorare i modelli di relazione con il cliente e trasformare l’industria da un meccanismo puramente transazionale (basato sui prodotti) a un meccanismo che genera valore consulenziale per le famiglie (basto su un ibrido macchina e consulente finanziario).
Il Fintech è quindi l’elemento chiave per industrializzare il private banking a beneficio dei clienti affluent, in primis, ma anche delle famiglie retail con soluzioni di supporto decisionale trasparente, fiduciario e a basso costo (temi affrontati da un punto di vista operativo nel nuovo libro di Paolo Sironi “MiFID II: Value-Generation for Investors“, RiskBooks, 2017).
Competenze – Il settore del credito quanto è pronto a ricevere le evoluzioni del Fintech, in termini di competenze professionali?
Ciò che caratterizza il sistema bancario oggi è la contrazione dei margini su tutta la filiera del valore: sia sul margine di interesse che su quello di intermediazione. Non essendo facile agire sui volumi (per esempio nel settore del credito, a fronte dei vincoli legati al costo del capitale a rischio), è necessario agire sulle competenze.
Metterle in scala abilitando gli operatori del credito a diventare veri e propri consulenti finanziari delle piccole e medie imprese, quindi integrando il modello di business oltre l’offerta tradizionale di credito, in ottica di CFO digitale, usando intelligenza artificiale e piattaforme di interscambio informativo per guidare e oggettivare la relazione. Credo che troveremo proprio in questo campo le sfide maggiori ma anche le maggiori soddisfazioni professionali.
Investimenti – Le banche italiane che investimenti stanno facendo e quali dovrebbero fare nella direzione dell’innovazione?
Hanno cominciato con qualche ritardo rispetto ai lori competitors internazionali a causa del particolare momento storico che il sistema finanziario italiano ha dovuto affrontare dopo la Crisi Finanziaria Globale e con la crisi dell’Euro. Tuttavia il mercato è enormemente cresciuto negli ultimi due anni, aggregando l’attenzione importante delle autorità di Vigilanza e del Ministero delle Finanze a supporto dei piccoli imprenditori.
Le banche dovranno affrontare anni non facili, poiché dovranno innovare sul digitale e integrare sul territorio allo stesso tempo, vista la spinta all’aggregazione. Ciò che forse ancora manca è un vero ecosistema cha favorisca la open innovation, che in ogni paese avanzato dal punto di vista del FinTech è un motore fondamentale per la creazione di soluzioni, esperienze e professionalità che sappiano collocare l’innovazione all’interno di un quadro normativo e industriale nazionale.