Oggi dove siamo

Come si informano manager e Ceo?

Come leggono e si informano i manager, gli imprenditori e i vertici aziendali? La domanda è difficile per motivi diversi e nuovi.

Il primo. Oggi i contenuti e le informazioni sono prodotti in misura enorme, quasi esagerata, anche da chi non è professionista. Quindi è difficile capire cosa leggere tra tutto il materiale prodotto, che non è più solo libri, giornali, materiale informativo di tipo tecnico o generalista, eventi, video, talk, e post sui social network.

Il secondo. Oggi i flussi di informazioni e contenuti circolano in ogni momento. Quindi è difficile capire quando leggere e informarsi. E trovare il tempo per farlo.

Il terzo. Se aumentano i produttori di informazioni e contenuti – tutti vogliono scrivere e in pochissimi vogliono leggere – la gerarchia delle fonti è destabilizzata. Quindi diventa difficile capire cosa è prioritario o importante.

Come, quando, cosa, perché informarsi diventa un impegno, un’attività che merita scelte precise. Su cui abbiamo interrogato Guido Carella, Presidente di Manageritalia, che per mestiere ascolta ogni anno le esigenze e le abitudini di migliaia di manager che forse più di tutti hanno bisogno di informarsi.

 


Intervista estratta dal business report privato 11 note di Intelligence Economica di Company | Note.  

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Ipotizziamo che la gerarchia dell’informazione di un manager sia questa: i libri di saggistica manageriale e quelli tecnici, gli eventi, i giornali, il web, i social network. Oggi i manager si informano più o meno dell’arrivo del digitale, e di quale di queste informazioni usufruiscono in quantità maggiore?

Con l’arrivo del digitale tutto ha subito una trasformazione epocale. L’”affollamento” informativo è un dato di fatto nella società attuale. Il manager si trova al centro di questo vortice e la sua sfida è quella di trovare un equilibrio produttivo tra la selezione dei vari canali di informazione e quello dei contenuti.

Un processo che lo vede nella duplice veste di osservatore e soggetto attivo, ricevente e emittente. In questo contesto ritengo che i manager dedichino oggi meno tempo ai libri di saggistica, salvo cercare di recuperare la lettura e lo studio nel momento in cui il bisogno di “mettere ordine” diventa una necessità per interpretare e dare “senso compiuto” allo scenario nel quale devono fare scelte e definire strategie.

Il mondo digitale ha portato grandi opportunità e facilità di accesso all’informazione e ai temi, ma ha aumentato il rischio di superficialità e generalizzazione dei contenuti: il rischio è di focalizzarsi più sulla piacevolezza della forma che sul contenuto del messaggio, sull’interesse immediato e di breve durata piuttosto che su un’attenta partecipazione, sull’impatto delle impressioni suscitate  più che sulle argomentazioni trattate.

Il manager deve, a mio avviso, essere un attento osservatore dei social senza farsi rapire dall’illusione di una facile elaborazione delle informazioni in esse presenti. Lo smartphone è ormai parte fondamentale della nostra vita, ma la carta resta importante e continua a giocare la sua “partita”.

Un manager deve cercare nei giornali opinioni qualificate con le quali confrontarsi – l’informazione è parte integrante del processo di formazione continua -, deve leggere saggi di cultura generale e, soprattutto, partecipare alle attività “sul campo”. Negli eventi, nel contatto diretto, è infatti possibile trovare la “materia prima” per realizzare quella chiave di lettura di questo affollamento, così indispensabile per chi ha un ruolo, come i manager, di responsabilità non solo economica ma anche sociale.

 

Secondo voi qual è il motivo di questa suddivisione? Perché vengono preferiti alcuni mezzi invece che altri?

Più velocità in un mondo che lascia poco tempo per ogni cosa. Il manager deve adempiere con successo al suo ruolo, deve interpretare il trend, agire con un team di persone di cui ha la responsabilità anche formativa e di esempio.

Quindi, deve osservare, raccogliere, selezionare, elaborare e trasmettere informazioni, ed è responsabile di questo processo. Non credo esista una preferenza precostituita, questa dipende molto da abitudini e scopi.

La suddivisione avviene secondo i profili dei canali, delle fonti e dei contenuti. Sulla base del tema, del progetto da elaborare occorre un  mix calibrato che permetta una visione e una valutazione approfondita e che quindi non ne limiti la capacità di elaborazione.

 

C’è qualche differenza tra l’informazione di cui si alimenta un manager e quella di un Ceo?

Non credo, certamente ogni ruolo manageriale ha un ranking di preferenze “tecniche” secondo le competenze specifiche ma i temi base non cambiano, è diversa solo l’intensità e l’ampiezza di approfondimento.

Peraltro, chi è un manager se non un individuo che ha accettato un ruolo di responsabilità e guida? Essere costantemente connesso col contesto, approfondire i temi, leggere e non solo testi tecnici, vuol dire essere disponibile sempre più verso le nuove necessità.

La lettura aiuta, apre e confronta. Un Ceo poi lo deve fare come prima cosa. A lui è affidata la responsabilità culturale dell’impresa e questo compito richiede costante dedizione e impegno rivolto alla lettura e all’informazione.

 

Oggi il manager o il professionista come gestisce o come dovrebbe gestire l’abbondanza (di libri, di giornali e siti, di eventi, di informazioni sui social), la frequenza, e la quantità di strumenti informativi?

Bella domanda. Non credo ci sia una ricetta per tutti, l’impegno richiesto è alto e la soluzione spesso dettata dallo stile personale e dalla situazione contingente.

Credo che, ove sia possibile, sarebbe molto utile e interessante introdurre questo tema nell’ambito dell’organizzazione aziendale. Magari dando vita a processi/protocolli di team nei quali trovare soluzioni che permettano una sistematicità di approccio e di confronto. Questo potrebbe portare anche degli sviluppi qualitativi e culturali ad una issue che non è solo manageriale.

 

Come si spiega il diminuire della lettura di libri da parte di chi lavora in azienda, compreso chi riveste ruoli di responsabilità?

Il vero problema è la disponibilità di tempo, sia in termini quantitativi che qualitativi. E’ sempre più difficile trovare momenti di tranquillità e di silenzio nei quali ci si può far rapire dalle emozioni e dalle immagini evocative che solo un libro possono regalarci.

Chi riveste ruoli di responsabilità dovrebbe pianificare giornalmente un tempo dedicato alla informazione e lasciare durante la giornata sempre tempo per letture interessanti e non collegate alla professione.

 

Quanti manager in Italia gestiscono le proprie informazioni professionali attraverso un social network?

Noi sappiamo che il 90% dei manager che rappresentiamo è oggi su Linkedin, più del 60% su Facebook, il 20% su Twitter, con una presenza molto disarticolata e senza cura della loro presenza, del loro personal branding e tanti sono silenti.

Questo dipende dall’errata convinzione che non essere presenti su queste piattaforme sia un minus. I numeri citati sono importanti per non banalizzare il fenomeno, tuttavia la spiego come una brutta abitudine. Non ci sono altre considerazioni. Stiamo parlando di manager se non sbaglio!

 

Secondo voi i social network sono candidati a sostituire i giornali e i libri come mezzi di informazione professionale ed economica? Se sì/no perché?

Stanno aumentando ed è ormai necessario. Io non credo che sia il futuro ma solo una espressione del modello odierno di comunicazione e partecipare ha l’obiettivo di imparare un linguaggio diverso.

Credo che i giornali e i libri siano portatori di contenuti e di stimoli irrinunciabili e impossibili da sostituire. Certamente questo deve portare a mantenere un forte focus sull’incentivare la professione di giornalisti e scrittori che credono in questo ruolo. Forse c’è la necessità, il bisogno di una maggiore esposizione e visibilità di qualificati comunicatori capaci di coinvolgere per i contenuti, forma e capacità critica.

 

I contenuti che produce e distribuisce l’azienda (articoli, ricerche e analisi, eventi) vengono considerati informazione oppure materiale promozionale e di marketing e quindi hanno meno dignità dei contenuti prodotti da professionisti dell’informazione?

Dipende dal contesto. In ogni caso, nel momento in cui ci si rivolge all’esterno, è d’obbligo per l’azienda essere autorevoli, credibili per promuovere il proprio marchio. Non credo si possa fare un confronto oggettivo con i professionisti dell’informazione.

Se condividiamo il fatto che la dignità dei contenuti sia originata da un comportamento responsabile, misurato, equilibrato, etico, non ci sono dubbi che questa sia la condizione sine qua non” per la comunicazione di entrambi, al di là dell’occasione e la ragione per cui viene fatta.

Verso l’interno le aziende possono fare molto. Ci sono molti casi di pubblicazioni costruite internamente alle aziende che trasferiscono non solo messaggi tecnici ma valorizzano la partecipazione e la condivisione a favore di un risultato finale positivo.

 

Ci sono categorie professionali che leggono più di altre (facendo la tara di chi è obbligato a farlo per avere aggiornamenti tecnici)?

Più che categorie professionali, parlerei di ruoli aziendali. Chi si occupa di Marketing e di General Management, dovrebbe essere più coinvolto nelle letture. In ogni caso è una forma mentis che si sta sviluppando trasversalmente nelle aziende. Senza costante informazione si potrebbe fare ben poco. Oggi si parla sempre più di soft skills.

 

Le nuove generazioni di manager leggono di più o di meno di quelli precedenti? Perché?

Anche qui non possiamo dire che sia per tutti lo stesso. Tuttavia , direi che leggono in modo diverso e con strumenti diversi, forse abusando eccessivamente della rete per informarsi e formarsi. La colpa la si dà sempre alla carenza di tempo ma un manager, se vuole, sa ben pianificare il proprio tempo dedicandolo alle aree più importanti.

 

Il management delle start up e delle nuove aziende è più portato ad informarsi?

Certamente in fase di sviluppo del progetto e del business plan i livelli di analisi e approfondimento sono maggiori, anche sulla spinta di un momento di euforia creativa e implementativa che li stimola a prevedere gli impatti dei deversi contesti nei quali si sviluppa la nuova attività.

Per il resto sono manager come tutti gli altri, persone preposte ai vertici organizzativi che sono consapevoli che menti aperte aiutano le imprese e le organizzazioni a raggiungere i loro obiettivi.


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